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Ronta. La storia e le vicende di Villa Pananti

  • 1866
Ronta. La storia e le vicende di Villa Pananti Ronta. La storia e le vicende di Villa Pananti © n.c.
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La Villa è citata in tutte le guide del Mugello. Ecco il testo che riceviamo e pubblichiamo da Pier Tommaso Messeri; sulle origini e la storia di Villa Pananti. Un testo che deriva in gran parte da ricerca inedite; che riporta nuove notizie e nuovi particolari:

In qualsiasi “Guida del Mugello” che si rispetti, alla voce Ronta, si tratta più o meno accuratamente di Villa Pananti Moretti. Sottolineando che fu la casa natale del sarcastico poeta Filippo.

State tranquilli, non ho intenzione di annoiarvi disquisendo in merito agli autori o le opere che descrivono questo antico edificio.  Vorrei solo, per quanto mi è consentito in questa sede, cercare di aggiungere un qualcosa di nuovo a quello che da anni, spesso a “casaccio”, si scrive in merito a quella che fu una delle abitazioni “degne di nota” di questo fazzoletto di terra.

Proverò ad andare con ordine, partendo da come appare ai nostri giorni.  
La villa, non è sempre stata come la si può ammirare oggi. Fino al 1944 l'edificio era più grande e sul lato di levante sorgeva una imponente torre adibita a "rondinaia". Questa franò rovinosamente, assieme ad un'ala della casa, in un soleggiato pomeriggio del 25 maggio del 1944, quando una delle bombe, sganciate da aerei alleati con l'obiettivo di colpire la linea ferroviaria, distrusse in un attimo, ciò che faceva ombra su quell'angolo di Mugello da trecento e più anni . Purtroppo in quella tragica giornata i bombardamenti su Ronta stroncarono anche numerose vite umane, che con aerei, ferrovie e bombardamenti strategici non avevano nulla a che fare.

La “schiatta” dei Pananti, facoltosa e antica, si dice discendente dai Da Podio, consorti degli Ubaldini da Senni, antichi feudatari di questa parte del Mugello. Si ritiene abbia preso questo cognome da un personaggio chiamato Panante, vissuto intorno alla metà del XIV sec . Questa famiglia, fin da tempi remoti viveva in una sontuosa e altera abitazione al "Poggio " di Ronta, -anch'essa in parte distrutta dalla guerra-  chiamata oggi villa Liccioli, dove tra l'altro venne ospitata per ben due volte la tra la fine del '600 e i primi del '700 la Granduchessa di Toscana Violante Beatrice, di passaggio nei paraggi.

Alla metà del XVII sec., Alessandro e Paolo Pananti, vista la necessità di una divisione patrimoniale decisero di spartirsi i beni, destinando la villa di "Poggio" al primo. Paolo intorno al 1650 andò così ad abitare -ingrandendola e modificandola profondamente per opera di maestranze locali- la casa nei pressi del Ponte di "Rio Morto", acquistata a sua volta il 10 Novembre 1630 da Bastiano ed altri fratelli di Domenico Pananti dai Bardi della Torre.

Da allora i due rami delle famiglia Pananti si distinsero facendosi appellare l'uni come "Pananti di Poggio" e gli altri, appartenenti al ramo cadetto, come "Pananti di Ponte". Con gli anni uno dei due rami volle ulteriormente differenziarsi dai cugini aggiungendo sopra lo stemma composto: "Da sei pani al naturale in campo azzurro", una: "Stella d'oro a sei punte".

 In questa dimora, più volte rimaneggiata, nacque nel 1766 da Giuseppe e Caterina Gatti il celebre Filippo e lì visse gli anni della prima adolescenza, assieme alla madre, i numerosi fratelli e gli zii, tra cui il famoso medico-scienziato Angiolo Gatti, il quale essendosi trasferito in quel luogo apportò importanti restauri e abbellimenti alla costruzione. 

La villa si articolava in numerose stanze. Tra le quali una, adibita a "Cappellina" dove sovente si celebravano delle Messe. Salottini e “salottoni” affrescati si susseguivano su più piani. Soffitte anguste davano aria ai sottotetti mentre cantine e rimesse definivano i piani inferiori.

Il portone d'ingresso, al quale si accede -ancora oggi- da una irregolare scalinata apriva in un androne, dove tra l'altro era presente un bello stemma in terracotta invetriata, dal quale si accedeva in giardino oltre che in altri diversi ambienti.

Davanti, dalla parte opposta alla alla facciata principale - dove oggi alcune lapidi in onore di Filippo Pananti stanno ancora in bella mostra- attraversata la vecchia Faentina, c'era una  stradella poderale carrozzabile che portava direttamente alla chiesa di S.Maria a Pulicciano e l'assenza dei ponti ferroviari consentiva un panorama che spaziava anche verso nord-est.

Intorno a questa sfarzosa costruzione si sviluppavano numerosi poderi, disseminati da ulivi, qualche vite e distese di grano, paradiso di cacciatori che si raccoglievano nel famoso “Paretaio” decantato da Filippo in un celeberrimo sonetto.

L'illuminato Pietro Leopoldo, il 26 maggio 1774 in viaggio verso il Santuario della Madonna dei Tre Fiumi, incontrò presso Ronta, il dott. Angelo Gatti, il quale lo invitò a seguirlo a casa sua per poi accompagnarlo fin sopra il poggio di Pulicciano da dove fece ammirare al Sovrano l'ineguagliabile vista sulla vallata.

Il Granduca rimase molto colpito dall'amenità del “sito”, tanto da voler tornare a villa Pananti il 10 settembre 1777, quando, assieme alla sua “augusta” consorte e ad uno scelto seguito, desiderò trattenersi a colazione, per il tempo di ben... "tre quarti d'ora" – così raccontano le fedeli cronache- con il dott. Gatti e i suoi nipoti.

Dopo la partenza del Gatti per il Regno di Napoli, la casa continuò ad essere abitata dai fratelli di Filippo. Filippo affezionato al luogo natio, alternava rapide scappate nella sua Ronta ( ricordata tra l'altro in numerosi passi del suo Poeta di Teatro) con soste più lunghe a Firenze dove morì nel 1837.

 Il poeta Filippo Pananti, come tutti sanno, morì senza figli, le sue ultime attenzioni furono rivolte ai nipoti, figli del fratello maggiore Luigi, tra i quali : Giuseppe, don Giovan Angelo,  Paolo Cesare, Maria Verdiana che sposò Giovanni Moretti, Maria Costanza che sposò il N.H. Giuseppe Magnani, Caterina che sposò Antonio Gatti e don Alessio Pananti.

Alla scomparsa di don Alessio, ultimo esponente della famiglia, avvenuta il 20 marzo 1873, non essendoci altri eredi maschi, l'eredità dei Pananti passò tra i discendenti Magnani, Gatti e Moretti i quali vennero autorizzati ad aggiungere il cognome Pananti e a continuare ad abitare la "dimora" dei loro avi .

 

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