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“Prevenire costa meno che curare, ma in Italia è ancora un’eresia”

Dopo le elezioni regionali, l’appello dell’Ordine dei Medici di Firenze: investire in personale, presidi territoriali e prevenzione.

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Fabu Fabu © Fabu
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Fatte le elezioni regionali, i diversi comparti produttivi — dall’agricoltura all’industria fino ai servizi — si rivolgono al nuovo consiglio per chiedere politiche mirate a tutela dei propri settori. Tra le voci più autorevoli, quella dell’Ordine dei Medici di Firenze, che sollecita la nuova amministrazione a investire sul personale sanitario, sui presidi territoriali, sulla prevenzione e sulla ricostruzione di un rapporto di fiducia tra cittadini e sistema sanitario pubblico.

Il vero nodo, infatti, resta la mancanza di cultura della prevenzione.
Se le Regioni destinassero “10” alla prevenzione e all’educazione sanitaria, potrebbero risparmiare “200” in futuro per curare le malattie che si sarebbero potute evitare. Un calcolo semplice, ma che in Italia sembra ancora fantascienza.

La malattia, oltre a essere una sofferenza personale, genera una catena di conseguenze: stress, ansia, depressione nei familiari, costi psicologici ed economici che si moltiplicano rapidamente. E così, quel “200” diventa presto “300”.

Eppure, nel nostro Paese, la prevenzione è spesso vista come una perdita di tempo o — peggio — come un gesto “porta sfortuna”. Un primario oncologo, anni fa, commentava amaramente:

“La prevenzione? Ma dove vivi? Lo Stato non ha i soldi per curare i malati, figurati se li dà alle Regioni per curare prima ancora che ci si ammali.”

Una logica paradossale, che porta a curare sempre dopo e mai prima.
Un po’ come lasciare la fidanzata per paura di essere traditi, o non lavarsi d’inverno per timore del raffreddore.

Forse la prevenzione andrebbe vista per ciò che davvero è: un corso di nuoto che impari prima di cadere in acqua, per non dover affogare quando ormai è troppo tardi.

 

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