Cecilia Del Re © Facebook
A Firenze, il progetto di restyling di via Palazzuolo – finanziato dalla Fondazione CR Firenze e affidato allo studio Luca Dini – ha riacceso un forte dibattito sul rapporto tra pubblico e privato nella trasformazione urbana fiorentina.
L’Ordine degli Architetti accusa il Comune di aggirare il Codice dei contratti pubblici accettando progetti “donati” da soggetti privati senza gara, come sarebbe avvenuto anche in altri interventi recenti.
Il progetto, chiamato Recreos, che prevede marciapiedi più larghi, più verde e la ristrutturazione gratuita di 43 botteghe per rilanciare il quartiere, oggi segnato da degrado e microcriminalità.
La Fondazione ha però minacciato il ritiro a causa della scarsa sicurezza della zona, spingendo il Comune a interventi urgenti e perfino alla cessione di un immobile per garantire la continuazione del progetto.
L’Ordine chiede trasparenza, domandandosi chi guidi davvero le scelte urbanistiche: il Comune o i privati.
L’assessora all’Urbanistica Caterina Biti respinge le critiche, parla di collaborazione virtuosa e sostiene che gli atti sono pubblici. Anche la sindaca difende il metodo, mentre parte della sinistra teme una perdita di autonomia politica verso i finanziatori.
Intanto via Palazzuolo resta sospesa tra promesse e tensioni istituzionali, diventando un test simbolico: Firenze saprà trovare un equilibrio tra trasparenza, collaborazione e capacità decisionale, o sarà proprio questa strada a mostrare le fragilità del sistema?
L'argomento spinoso, ennesima situazione che crea non pochi imbarazzi alla sindachessa Sara fumosa Funaro è balzato agli occhi e alle orecchie anche a Cecilia Del Re ex potentissima super assessora anche all'urbanistica delle giunta Nardella prima di cadere dal piedistallo per aver osato esprimere la sua personalità al cospetto dell'ex sindaco.
Una che questi argomenti li conosce bene avendo vissuto con piglio e professionalità in quelle stesse stanze dei bottoni dove adesso non senza imbarazzo è la veterinaria Biti. Cecilia Del Re capogruppo in Palazzo Vecchio e leder di Firenze democratica. Una che se decidesse di aprire del tutto la bocca fra cubi neri, falsi studentati e colline sbancate creerebbe non pochi imbarazzi a Palazzo Vecchio farebbe però luce su molte vicende dell'urbanistica fiorentina dove le tre scimmiette del non vedo, non sento e non parlo si contano a bizzeffe.
Questa volta non ce l'ha fatta a stare zitta (finalmente!) ed è intervenuta sul dibattito innescato dall'ordine degli architetti ovvero sull’assenza di una procedura di selezione trasparente per l’individuazione del/la professionista incaricato/a del progetto levandosi anche qualche sassolino dalle scarpe e abbozzando un atteggiamento, ancora embrionale, da leader.
"Abbiamo non solo condiviso la presa di posizione dell’Ordine degli Architetti, ma abbiamo altresì voluto ribadire con forza alcuni punti fermi che avevamo inserito nella presentazione e relazione a PS e Piano Operativo nel 2023 per una “𝐫𝐢𝐠𝐞𝐧𝐞𝐫𝐚𝐳𝐢𝐨𝐧𝐞 𝐩𝐚𝐫𝐭𝐞𝐜𝐢𝐩𝐚𝐭𝐚 𝐞 𝐢𝐧𝐧𝐨𝐯𝐚𝐳𝐢𝐨𝐧𝐞 𝐮𝐫𝐛𝐚𝐧𝐚”: tra gli altri, la realizzazione di un Urban centre alla Ex Ciminiera Fiat a Novoli e diffuso presso le sedi dei quartieri; e il concorso di idee e di progettazione come strumento da favorire per garantire la partecipazione e una biodiversità culturale.
Ci dispiace poi di non aver trovato ascolto già nello scorso mandato anche su altre battaglie che vanno invece portate avanti, come quella di un ufficio comunale unico dedicato alla progettazione dello spazio pubblico, che è stato - ed è - un punto importante del programma di Firenze Democratica. Occorre ridare centralità alla progettazione dello spazio pubblico e prendersene cura."
Via Palazzuolo doveva essere il laboratorio della rinascita, la prova che Firenze sa ancora prendersi cura delle sue ferite. È diventata invece l’ennesimo capitolo di una gestione che scivola sulla cosa più elementare: la trasparenza. Delibere che compaiono e scompaiono, progetti regalati da privati, responsabilità che si rincorrono. Alla fine, resta una sola impressione: la città che voleva ricucire una strada non riesce neppure a ricucire la fiducia nei confronti di chi la governa.


