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Olimpiadi: Parigi ultima fermata?

Spirito olimpico questo sconosciuto. Pensieri liberi a chiusura giochi. Il business che non c'è più e l'imposizione del pensiero dominante.

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Le ultime olimpiadi a Parigi? Le ultime olimpiadi a Parigi? © Foto di PublicDomainPictures da Pixabay
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Appena calato il sipario sulle Olimpiadi di Parigi 2024, specchio perfetto della Grandeur francese schiava della cultura dominante dell’imposizione del pensiero unico, fa riflettere che, secondo alcuni analisti statunitensi, nonostante la pompa magna con cui Los Angeles abbia caricaturato se stessa per i prossimi giochi del 2028, quelle appena concluse potrebbero essere le ultime Olimpiadi dell’era moderna. Molte, anzi troppe, a detta anche degli atleti stessi, le falle organizzative di questa edizione farcita da posizioni ideologizzate del tutto incoerenti con quello spirito olimpico che il francesissimo Pierre De Coubertin stilò nero su bianco nel primo congresso olimpico che si svolse dal 6 al 15 aprile 1896.

Già il buongiorno si era visto dal mattino con quella cerimonia d’apertura “minestrone” in cui si è voluto mettere troppo, compreso l’offendere una religione, quella cristiana, che volenti o nolenti riguarda miliardi di persone nel mondo. Non certo una buona idea e se a questo aggiungiamo la ridicola assenza dell’aria condizionata nel villaggio olimpico per difendere l’ambiente e la follia di far disputare la gara di triathlon di nuoto nelle acque della Senna, esponendo gli atleti a rischi sanitari anche gravi (infatti la sindaca Hidalgo, che nella Senna aveva nuotato per dimostrare che era balneabile, è riapparsa in pubblico solo ieri, dopo 15 giorni) già potrebbe bastare.

Invece no, il pensiero unico dilagante per imporre, oltre alle teorie del cambiamento climatico, quelle woke costringe a combattere un pugile intersessuale (termine che non si sa esattamente, parola di endocrinologi, nemmeno cosa voglia dire, ma così risulta dalle fonti ufficiali del Comitato Olimpico Internazionale) insieme alle donne. Facile sbattere in prima pagina un poveraccio che magari ha alle spalle per il suo stato anni di sofferenze, peraltro in un paese non certo aperto di visioni verso il diverso come l’Algeria, per farne un paladino del political correct.

E all’ultimo giorno, a conferma di come il lavaggio dei cervelli mediatico abbia funzionato, si “sporca” la splendida e storica vittoria dell’Italvolley al femminile soffermandoci a sottolineare, per chi non se ne fosse accorto, il colore della pelle di alcune italiane. Il razzismo di ritorno di chi grida al razzismo ma sottolinea che sono black alcune atlete a chi non ci aveva nemmeno fatto caso, ma che però ignora che non hanno origini italiane nemmeno alcune atlete bionde e con gli occhi azzurri.

Ovvio che il basso e becero livello della discussione mette in secondo piano tutto ciò che significa Olimpiade. In nome di Olimpia una volta si fermavano perfino le guerre, mentre oggi si caccia dai giochi alcuni ma si tiene dentro altri che hanno le stesse identiche colpe: aver invaso paesi sovrani. Due pesi e due misure in nome del dio denaro, of course…

E a proposito di denari, siccome notoriamente gli statunitensi a essi sono molto attenti (altro che aria condizionata, pugili intersex, topi della Senna, etc…) gli analisti di cui dicevamo sopra tirano in ballo i numeri, che appaiono impietosi. Le Olimpiadi di Sochi 2014 in Russia hanno visto, infatti, un investimento totale da parte degli organizzatori di 55 miliardi di dollari, che erano già calati, per quelle di Tokyo del 2021 a 12,6 miliardi di dollari, mentre quelle di quest’anno sono costate meno di 10 miliardi di dollari. Ma perché Parigi è bellissima e c’è tutto e quindi ha solo dovuto restaurare delle location storiche si è narrato, ma la fuga di denari è chiara e netta.

Il giornalista USA, Cailian Savage, attribuisce il calo enorme degli investimenti olimpici al fatto che costano troppo e quindi di fatto, nessun Paese vuole più ospitarli, tant’è vero che per il 2032 solo l’Australia si è fatta avanti proponendo Brisbane come sede. In pratica, secondo l’analisi, sono lontanissimi i tempi di Barcellona 1992 che ha fatto delle Olimpiadi un richiamo turistico, che continua tuttora, oltre trent’anni dopo.

Quella fu un’edizione con una cerimonia di apertura spettacolare considerata la più bella dei giochi moderni che ha tenuto incollate alla televisione oltre tre miliardi e mezzo di persone con un budget di 16,8 milioni (e non miliardi!) di dollari, praticamente nulla… Ma, come sempre, i numeri vanno interpretati e noi osiamo farlo rischiando, ovviamente, di essere smentiti da altre analisi.

Allora perché se Barcellona, con quattro spiccioli, ha ottenuto un risultato così incredibile, con investimenti miliardari le Olimpiadi successive sono, di fatto, andate tutte in perdita? Noi un’idea ce la siamo fatta ed è la stessa con cui Parigi, vittima della sua stessa Grandeur, ha esagerato.

Le Olimpiadi dopo Barcellona e man mano che la comunicazione di massa cambiava anche con l’arrivo del web e dei social sono diventate non più un evento sportivo, ma un grande fratello buono per il puro business dove la vera gara, quella sportiva, emozionante figlia di sacrifici e sudore, è stata messa in un angolo a favore della voglia di stupire sempre di più, con cerimonie di apertura sempre più sontuose ma volgari, inadeguate e talvolta offensive come quella di quest’anno, appunto.

Eppure, tornando a Barcellona, la formula scelta per l’apertura era quella giusta e semplice che ha giocato con gli effetti di luce e il fuoco, simbolo olimpico per eccellenza, senza andare a toccare argomenti etici, morali, religiosi, politici ed ideologici, che con lo sport nulla hanno a che vedere.

Usare le Olimpiadi per provocare a tutti i costi, imporre pensieri unici non funziona e ovviamente, i primi ad accorgersi di questa tendenza negativa sono stati gli sponsor, che hanno cominciato a tirare i remi in barca e ad investire sempre meno in questo evento diventato, ormai, a tutti gli effetti con l’edizione di Parigi, un Gran Buglione.

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