Roberto Saviano © depositphoto
Simbolo di un’Italia che resiste al potere mafioso con la forza delle parole, lo scrittore continua a pagare un prezzo altissimo per la sua opera di denuncia, spesso isolato anche da chi dovrebbe sostenerlo. Tra cronaca, memoria e letteratura, il caso Saviano riapre il dibattito su cosa significhi oggi stare dalla parte della legalità. Un articolo a firma di Paolo Insolia.
Il pianto nell’aula di tribunale di Roberto Saviano dopo che la Corte d’appello di Roma ha confermato, lo scorso 14 luglio, le condanne del mafioso Francesco Bidognetti - braccio destro di Francesco Schiavone, al vertice del clan dei Casalesi da fine anni Ottanta al 1998, anno del suo arresto - e del suo avvocato Michele Santonastaso, rispettivamente a un anno e sei mesi e a un anno e due mesi di reclusione, dovrebbe commuovere ognuno di noi ed esprimere la massima vicinanza a uno dei personaggi italiani più impegnati attivamente nella lotta contro la criminalità organizzata.
Le condanne ai due uomini sono arrivate dopo sedici anni di processo, e il motivo sono le gravi intimidazioni rivolte a Saviano e alla politica e giornalista Rosaria Capacchione contenute nella lettera letta da Santonastaso durante il maxiprocesso Spartacus nel 2008, scritta insieme al suo assistito. I due gionalisti sarebbero stati colpevoli - secondo i mafiosi - di avere influenza sui giudici.
Conosciamo più o meno tutti la storia di Roberto Saviano, scrittore e giornalista napoletano che, ancora ventenne, decise di occuparsi di criminalità organizzata in un momento storico, quello agli inizi degli anni Duemila, in cui ogni giorno le strade di Napoli si macchiavano del sangue di morti ammazzati per mano della Camorra. Alla fine degli anni Novanta Secondigliano, quartiere a nord del capoluogo campano, era controllato dal boss Paolo Di Lauro, che gestiva un enorme traffico internazionale di stupefacenti. Dopo il provvedimento restrittivo emesso nei suoi confronti nel 2002, subentrarono i suoi figli, ma è uno in particolare che prende il comando, Cosimo, che morirà nel 2022 a 48 anni in regime di 41-Bis. Al ritorno dalla Spagna di Raffaele Amato, prima affiliato dei Di Lauro e poi loro nemico, scoppia la guerra tra il clan Di Lauro e gli Scissionisti, il gruppo ribelle da lui creato. Tra il 2004 e il 2005 Napoli divenne teatro di omicidi a cadenza giornaliera. I sicari facevano fuoco anche in mezzo alla folla, aggiungendo ulteriore orrore.
E’ questo il contesto in cui operava il giovane Saviano, che scriveva articoli giornalistici sulla Camorra per riviste e quotidiani. Lui il fenomeno criminale, oggi come allora, vuole conoscerlo fino in fondo. Desidera capirne le dinamiche interne, i codici etici, i riti, il territorio, le regole, i perché di certe azioni, dove arriva e dove finisce il denaro, i legami con le altre organizzazioni mafiose. Non è uno che si accontenta, ma un cronista avido di sapere. Saviano vuole conoscere la Camorra per poterla fronteggiare con le uniche armi a sua disposizione: le parole. Raccontare la criminalità organizzata significa dare modo a tutti di conoscerla. E’ questo l’incubo di ogni mafioso: che ci sia una letteratura su di loro, per questo si sono sempre mossi nell’omertà assoluta - basti pensare che prima della collaborazione del boss Tommaso Buscetta, che dette modo alla giustizia italiana di capire cosa fosse esattamente Cosa Nostra (presente sul territorio siciliano da inizio Ottocento) nessuno, tranne i mafiosi, sapeva davvero di cosa si trattava -.
Conoscere un fenomeno negativo come la Camorra significa prendere coscienza della sua influenza cancerogena e, come insegnava Jung - il grande psicanalista svizzero - è solo lei, la coscienza, che può combatterlo e sconfiggerlo. Ignorare un problema significa lasciarlo libero di ingigantirsi; guardarlo invece equivale a curarlo. La vita di Saviano viene stravolta per la colpa di aver fatto luce sul vasto potere criminale del sistema camorristico. Se con la pubblicazione dei suoi articoli giornalistici la Camorra aveva già cercato di intimidirlo, è con il successo del romanzo pubblicato nel 2006 Gomorra - Viaggio nell’impero economico e nel sogno di dominio della Camorra che iniziano le prime lettere minatorie e le telefonate mute. L’apice del male si conclude - o meglio inizia - il 13 ottobre dello stesso anno, con il fatale esito dell’assegnazione della scorta dopo aver ricevuto minacce di morte da parte del potente clan del Casalesi, che ha radici in due comuni in provincia di Caserta: San Cipriano d’Aversa e Casal di Principe. La scorta gli verrà rinforzata dopo la lettera intimidatoria dell’avvocato Michele Santonastaso.
Sono passati quasi vent’anni da quel terribile 2006, ma Saviano ha continuato a lavorare, denunciando e raccontando non soltanto le mafie italiane, ma quelle presenti negli altri paesi, dando modo ai lettori di comprendere il potere criminale, di quanto grandi siano i suoi affari e di tutte le azioni immonde che è disposto a commettere pur di arricchirsi e governare. Ha scritto articoli per giornali importanti quali L’Espresso e il Corriere della Sera, romanzi, saggi, sceneggiature - Gomorra - La serie, da lui ideata, che racconta (basandosi su fatti realmente accaduti) la criminalità organizzata a Napoli, è stata trasmessa in gran parte dei paesi del mondo e nel 2021 inserita tra le migliori serie dell’anno dal New York Times -. Ha anche condotto programmi televisivi, come Vieni via con me, Kings of crime e Insider - faccia a faccia con il crimine, escluso a luglio 2023 dalla Rai in mano alla destra ma riproposto poi nel settembre del 2024.
Per via del suo orientamento politico spiccatamente di sinistra, Saviano è anche un personaggio divisivo. Oltre a occuparsi di criminalità organizzata, ha sempre espresso le sue opinioni in materia politica, spesso polemizzando con la destra italiana. Nel 2018 l’allora Ministro dell’Interno, e ad oggi Ministro dei Trasporti Matteo Salvini, minacciò lo scrittore di revocargli la scorta. Ciò portò Saviano a etichettarlo come Ministro della malavita, espressione usata per la prima volta da Gaetano Salvemini, che definì così l’allora Presidente del Consiglio Giovanni Giolitti per via dell’uso di metodi clientelari al fine di mantenere il potere. Dopo sette anni in cui Salvini ha disertato più volte, il 25 giugno scorso i due si sono incontrati al Tribunale di Roma. Saviano gli ha urlato: vergognati, mentre il ministro ha ritrattato sulla scorta. Il processo continuerà nelle prossime settimane.
Nel 2023 Saviano fu condannato al pagamento della somma di 1000 euro alla Presidente del Consiglio Giorgia Meloni per averla diffamata. In un programma televisivo la chiamò infatti bastarda in relazione alla questione migranti, che lei definì più volte invasori, e al ruolo delle ONG, da lei considerate navi pirata, come la nave Sea-Watch tedesca, che ha dichiarato di voler affondare e di arrestare il personale.
Le idee politiche di Saviano possono non stare simpatiche, come i suoi attacchi nei confronti dei politici. Alcune sue affermazioni possono risultare estreme e buoniste, nell’accezione di tolleranza radicale e bontà a ogni costo - gli è stato rimproverato che promuovere l’immigrazione indiscriminata fa sì che i problemi vengano addirittura alimentati, come nel caso degli stranieri che delinquono e rendono insicure le città italiane -. Può apparire banale, edulcorato, pignolo. Negli anni ha ricevuto insulti disparati, anche l’accusa di essere un radical chic, ovvero, per utilizzare l’espressione di un duo musicale sciolto da tempo, un comunista col rolex.
Tutto legittimo: ognuno è libero di avere sulle scatole chi vuole, ma sono le azioni a decretare la bontà o meno di una persona, non le sue idee circa i migranti, l’orientamento politico, il tono di voce, o l’aver definito qualcuno in maniera poco carina - com’è ovvio ogni offesa, come ogni azione, va contestualizzata -. Il percorso di vita di Saviano ci dice molto sulla sua persona. L’opera di denuncia che gli è costata la condanna a morte e anni di vita sacrificati sotto scorta, senza poter uscire a mangiare una pizza con gli amici, fare infiniti giri in moto o perdersi per le vie di Napoli - questi ultimi due sono suoi grandi desideri -, dovrebbero renderci chiara l’idea di quanto bene abbia fatto e continua a fare per la società.
Un’altra critica a lui mossa è quella di far vedere, tramite le sue fiction e i suoi romanzi, soltanto la parte cattiva di Napoli, omettendone tutto il bene, e che i giovanissimi, immedesimandosi nei personaggi, finiscono per emularli. Quanto di più sbagliato! I giovani napoletani sarebbero diventati malavitosi anche senza Gomorra - La serie, che ha il compito, al contrario, di educare facendo vedere come finiscono i mafiosi: assassinati, in prigione, in una tana ammuffita, o comunque infelici circondati da un lusso effimero e sporco. Non così i trapper di ultima generazione, che spesso fanno riferimento a se stessi e incitano alla violenza. Musica trap e fiction vengono comparate, ma la differenza è che nel secondo caso gli attori recitano un personaggio, nel primo invece no, ed è qui che bisogna prestare più attenzione con i ragazzi.
Saviano è stato rimproverato di lucrare sulle mafie quando sono loro, le mafie, ad avergli tolto la libertà di vivere. E’ sufficiente questo per non cadere nella trappola dell’odio verso un uomo che non ha commesso alcun male, ma ha cercato di far trionfare il bene attraverso il suo lavoro: scrivere. Gridalo, il suo meraviglioso saggio pubblicato nel 2020, scritto con un'urgenza che scorre come sangue vivo a ogni frase, e che dovrebbero far leggere a tutti gli studenti a partire dalle elementari - il titolo è in onore al grande scrittore americano James Baldwin, che intitolò Gridalo forte una delle sue opere più conosciute - racconta le storie di alcuni dei tanti personaggi storici in lotta per il trionfo del Bene, e che vennero fatti passare - o perlomeno ne fu fatto il tentativo - all’opinione pubblica per persone ignobili, mettendo in luce la sfera privata della loro vita.
Emblematico è il capitolo sul leader dei diritti civili degli afroamericani Martin Luther King. L’FBI, diretta da un razzista, piazzò le cimici in un motel dove King faceva sesso con ragazze, a detta delle forze dell’ordine bianche. Se la cosa si fosse venuta a sapere, lo scandalo tra la popolazione sarebbe stato enorme. Come, un afroamericano che si batte per i diritti della sua gente va a letto con donne bianche? L’FBI fece ascoltare alla moglie del reverendo i gemiti dei suoi organismi, e minacciava di pubblicare le registrazioni degli incontri con le amanti. Ma King non si piegò, e continuò a battersi per ciò in cui credeva, fino alla tragica fine sul balcone del Lorraine Motel di Memphis, in Tennessee.
Mai giudicare qualcuno per la sua sfera privata, i suoi gusti sessuali, il colore della sua pelle, il titolo di studio, o se ci trasmette simpatia o antipatia. Questo è uno dei grandi insegnamenti di Gridalo. Saviano va giudicato per ciò a cui dedica, con passione e urgenza, anima e corpo, ovvero la lotta contro la criminalità organizzata. Ecco cosa conta davvero. Un assassino viene giudicato in tribunale per il suo atto di violenza; il fatto che svolgesse volontariato, andasse in chiesa tutte le domeniche, aiutasse gli anziani a portare in casa la spesa e desse da mangiare ai gatti randagi è ininfluente.
La politica italiana dovrebbe ringraziare Saviano, invece due giorni fa era assente in aula. I suoi avversari politici avrebbero dovuto sostenerlo poiché, pur pensandola diversamente, si tratta di un combattente tra le fila del Bene condannato da chi il Bene lo ha rifiutato in toto. Dev’essere assassinato per godere del rispetto che merita? In Italia chi non muore non è credibile? Non possiamo far sì che passi un messaggio così squallido. Le lacrime di Roberto sono di tutti noi, e dobbiamo renderci partecipi del suo dolore. Questo ci rende umani. La conclusione viene affidata a una frase di Gridalo:
Puro non è il cuore che è rimasto sempre nascosto, protetto, che è stato sottratto all’errore, che non è stato contaminato da nulla, che non si è mai sporcato, che è ancora illibato. Puro al contrario è il cuore che ha vissuto, che ha toccato tutto, che si è contaminato, che ha camminato insieme agli altri in mezzo all’inferno. E che però è rimasto autentico.
Paolo Insolia


