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“Disfrutar” del tempo in compagnia

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Nuova puntata degli Appunti di Viaggio. Riceviamo e pubbliciamo una nuova parte dell'avventura cubana della studentessa Caterina Suggelli. 

Il concetto di tempo è certo molto diverso a queste latitudini: Ia fretta non fa parte del modo di essere dei cubani, neanche qui nella capitale. Si cammina tranquilli per la strada, si passano ore e ore in coda, e si trova sempre un po’ di tempo da dedicare agli altri, famiglia, amici o semplici conoscenti che siano. Per questo, quando dici a un cubano “Non ho tempo” o “Sono di fretta, de prisa” non capisce e ti guarda come una pazza o con un po’ di pena, perché non aver soldi o risorse materiali si capisce, capita spesso qui, ma non avere tempo è vissuto come qualcosa di veramente brutto e difficile da rimediare.

Non si può nemmeno pensare una vita senza tempo. Infatti, in termini logici, è un concetto che non torna, un sillogismo falso, al quale chissà come abbiamo finito per crederci davvero. Insomma, se non hai tempo, povero europeo, te ne regaliamo un po’ del nostro, che forse è una delle poche cose che non ci manca…

Per quanto mi riguarda non ho grossi problemi ad adeguarmi ai loro tempi, ma mi rendo anche conto che è davvero difficile togliersi questa ansia di fare e di sbrigarsi che a noi occidentali ci ha penetrato nelle ossa, ed è peggio dell’umidità, perché questa supposta mancanza di tempo ti logora dentro in modo invisibile e ti impedisce di vivere la tua vita a pieno, di assaporartela, di godertela sul momento. E il giorno che ti fermi a pensare e te ne rendi conto è spesso “troppo tardi”, perché la giovinezza è già andata, perché tuo figlio è già un uomo, i tuoi genitori già anziani, perché le tante cose che ti eri sempre proposto di fare non hai mai trovato il tempo, o la volontà, di farle…

Così mi sono chiesta: ma ne vale la pena?!

No. Ho deciso dunque di assaporare  e godermi tutto il tempo che la vita mi offre gratuitamente. Questo non significa non lavorare e non fare il proprio dovere, anzi. Quando impari a goderti ogni momento per quel che è, quando il tuo tempo riesce a soddisfare necessità e volontà, i frutti del lavoro sono anche migliori. Senza dubbio. E allora ho smesso di dire e pensare che non ho tempo, e ho cominciato a non rinunciare alle varie proposte di disfrutarlo, godermelo in compagnia.

In una di queste occasioni ho imparato a giocare al passatempo nazionale di Cuba: il domino. Sembrerà assurdo, ma nonostante le tante volte che mi sono passate quelle tesserine di pallini e numeri per le mani, fin da bambina, non ho mai saputo con esattezza come ci si giocasse. Le ho sempre guardate come qualcosa di curioso e inspiegabile. E guardate alla fine dove mi è toccato venire per imparare…

Qui tutti giocano a domino: uomini e donne, vecchi e bambini. Nelle notti calde del tropico,  alla fioca e debole luce delle strade della città, si vedono piccole folle di uomini radunati intorno a un tavolo, dove immancabili troneggiano una bottiglia di rum, qualche sigaro e le tessere del domino. Si gioca in quattro, da soli o in coppia, come con le nostre carte da briscola. Ogni giocare sceglie dieci tessere, a caso, naturalmente. Il primo giocatore pone una tessera al centro del tavolo, e a turno, in senso antiorario, gli altri vi si attaccano secondo le disponibilità delle proprie tessere; chi non ha niente da attaccare passa il turno. La partita termina quando il vincitore finisce tutte le proprie tessere, raggiungendo il punteggio derivato dalla somma del valore delle tessere degli altri giocatori. Talvolta capita che non sia più possibile attaccare anche se nessuno ha ancora finito le tessere: in questo caso, vince il giocatore che ha meno punti in mano, calcolando il punteggio come prima.

I giocatori “seri” sono proprio accaniti come quelli dei nostri bar, e ognuno ha tattiche e strategie personali di gioco, che ancora io non sono riuscita ad assimilare a pieno ovviamente. Servono anni di pratica, s’intende… Comunque, dopo due ore di partite, sono riuscita a vincere bene l’ultima, così per lo meno sono andata a letto contenta!

L’altra sera, invece, dopo due giornate di studio intenso, sono uscita con un amico uruguayo perché avevo bisogno di sconnettere e distrarre il cervello. Siamo andati alla cinemateca dell’Avana, dove si svolgeva un Festival di Cortometraggi di autori contemporanei, e, per soli 2 MN ( pesos cubani, cioè neanche un centesimo di euro…), abbiamo visto un cortometraggio alla “Blob” e un documentario sullo storico gruppo Los Van Van.

Abbiamo poi deciso di cercare una bottiglia di vino cubano prima di andare a ballare: la ricerca è durata un’oretta e qualche chilometro a piedi, rimbalzando da un baretto all’altro, ma alla fine ce l’abbiamo fatta, e, anche se la qualità non ha niente a che vedere con la nostra chiaramente, posso dire che ne è valsa la pena, tutto sommato si lasciava bere, e poi ne avevo così tanta voglia di vino… Il rum è buono, ma il vino è il vino, almeno per i miei gusti!

Alle 11, tramite amicizie varie, siamo entrati “a gratis” alla festa su invito del Fresa y Chocolate, Fragola e Cioccolato, come il film, da noi sì pubblicato ma purtroppo poco conosciuto, del regista cubano Tomás Gutiérrez Alea. È un piccolo locale dove si ritrovano i giovani cineasti habaneri e non solo, dove quasi sempre si suona musica dal vivo e si balla finché ce n’è! In occasione del Festival dei Cortometraggi si trasforma in discoteca. E mi è piaciuta un sacco. Prima di tutto perché tutti ballano, poi perché il volume della musica è sì alto, ma non troppo da spaccarti i timpani come da noi, e ti permette di parlare e relazionarti con le persone, ma soprattutto è la mezcla musicale che mi ha divertito tantissimo: si passava con assoluta scioltezza da un reaggeton a un rap, da un rock alla Queen a una tradizionale e sentita salsa, da una commerciale alla techno in stile europeo… E si ballano tutte! Anche perché non fa a tempo a venirti a noia un genere o uno stile che subito si passa ad altro. …

Si, sto imparando a godermi il mio tempo, e questo soddisfa e aiuta anche nei momenti di “studio matto e disperatissimo”. Allo stesso modo, spero di regalare anche a voi un po’ di rilassatezza dal logorio della vita “moderna”, ad esempio in questi dieci minuti che mi dedicate leggendo queste righe. E se non siete troppo di fretta, provate  a chiudere gli occhi per qualche momento per starmi più vicino, e ad ascoltare il tempo del vostro respiro, che, come dicevano i miei vecchi amici filosofi greci, altro non è che la voce dell’anima.

Caterina Suggelli 


 

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