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Elezioni amministrative Francia: vittoria di una sinistra azzoppata e sconfitta di una destra solida

Il partito di Marine Le Pen si conferma il più votato, ma il sistema elettorale francese gli ha bloccato la strada

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Meloni e Le Pen Meloni e Le Pen © Nc
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Pericolo scongiurato. Jordan Bardella, il pupillo ventottenne di Marine Le Pen, la leader del partito di estrema destra Rassemblement National, non diverrà premier. Se alle elezioni europee tenutesi l’8 e il 9 giugno il RN ha ottenuto una maggioranza schiacciante, con il 31% di voti e il conseguente ottenimento di 30 seggi, alle amministrative tenutesi il 30 giugno e il 7 luglio per il rinnovo dell’Assemblea nazionale - la camera bassa del Parlamento - è risultato sconfitto. Contro ogni pronostico, la coalizione del RN non solo non è riuscita a ottenere la maggioranza assoluta, come i suoi elettori speravano, ma è addirittura arrivata terza, battuta dalla coalizione centrista Ensamble!, che fa capo al presidente della Repubblica Emmanuel Macron, e da quella di sinistra Front Populaire, che ha ottenuto i risultati migliori.

La domanda sorge spontanea: com’è possibile che il RN sia arrivato terzo se è stato il partito più votato? Ebbene, i motivi sono due: grazie a una maggiore affluenza di votanti al secondo turno - il 67%, il dato più alto dal 1981, quando Mitterrand divenne presidente della Repubblica -, la maggior parte dei quali ha sostenuto i candidati avversari al RN, ma soprattutto grazie alla legge elettorale francese, che prevede collegi uninominali a sistema maggioritario e la possibilità di fare i così detti accordi di desistenza. Questi ultimi sono stati fondamentali per chiamare i cittadini al voto e la sconfitta della destra. Funziona così: in caso di ballottaggio tra tre partiti, quello che ritiene essere in svantaggio rispetto ai primi due, rinuncia per far confluire i suoi voti nel partito a lui più vicino. Le coalizioni di centro e di sinistra hanno usufruito della desistenza per far perdere la destra. 

In un sistema elettorale proporzionale, o misto come il nostro, il RN avrebbe certamente ottenuto la maggioranza e i numeri in parlamento per governare. Bardella sarebbe diventato Primo ministro francese e tutti penseremo che i cittadini francesi si siano ubriacati di fascismo – come del resto hanno pensato degli italiani la maggioranza dei paesi del mondo dopo che Giorgia Meloni divenne Presidente del Consiglio -. Insomma, la coalizione di sinistra ha vinto ma con numeri risicati, mentre i numeri della destra continuano a salire - il RN ha ottenuto 143 seggi all’Assemblea Nazionale, un risultato storico -. In ogni caso, nessuna delle tre coalizioni ha ottenuto la maggioranza assoluta, ovvero 289 dei 577 seggi totali, e si prevede quindi uno stallo politico, a meno di nuove e corpose coalizioni tra partiti di centro e di sinistra.

La coalizione di sinistra, Nuovo Fronte Popolare, si dice pronta a coalizzarsi con i centristi, ma a un patto: che venga rispettato tutto il suo programma politico, i cui punti più importanti sono la cancellazione della riforma delle pensioni - voluta da Macron, che aumenta da 62 a 64 anni l’età pensionabile a partire dal 2030 – e l’aumento del salario minimo a 1600 euro netti. Il programma del RN rispecchia, a grandi linee, quello della destra moderata, ovvero lotta all’immigrazione e diminuzione della tassazione alle imprese per favorire le assunzioni. 

Ma arriviamo adesso al cuore del seguente editoriale, ovvero alle molte analogie in campo politico che si riscontrano in questi ultimi anni tra Italia e Francia. Ebbene, il dato essenziale è che l’estrema destra, in entrambi i paesi, acquista sempre più consenso, e la sinistra appare sempre più azzoppata. In Francia la coalizione di sinistra conta quattro partiti, e nessuno di questi, presi singolarmente, ha numeri paragonabili al RN. Lo stesso vale per la coalizione di centro. In Italia Fratelli d’Italia, capeggiato da Giorgia Meloni, secondo i sondaggi è ancora oggi il partito più votato. Bisogna chiederci il perché di tanta vicinanza popolare a partiti che non hanno ancora chiarito completamente la loro distanza dal ventennio fascista, generalmente contrari al multiculturalismo, favorevoli ai condoni e dulcis in fondo alla legge sull’autonomia differenziata che rischia di dividere ancora di più la nostra nazione con regioni di serie A e regioni di serie B.

Se ci concentriamo sulla linea economica dei due partiti, notiamo delle divergenze: quella del RN ha, almeno storicamente, connotati sia di destra che di sinistra - di impronta keynesiana - mentre quella di FDI è più liberale; il RN, ad esempio, è favorevole all’aumento del salario minimo, mentre FDI ha dichiarato di essere contrario addirittura alla sua introduzione in Italia. Ciò che accomuna i due partiti – e che accomuna tutta l’estrema destra occidentale – è la difesa delle comuni tradizioni cristiane, la rivendicazione della propria sovranità nazionale – che implica un minore potere dell’Unione Europea negli affari nazionali –, l’aumento delle misure di sicurezza e il rifiuto del modello multiculturalista, che sfocia nella lotta all’immigrazione, nel rimpatrio immediato dei clandestini che delinquono e nelle limitazioni alle libertà di culto non cristiane.

Un possibile motivo – ma non il solo - dell’espansione dell’estrema destra è il differente approccio, rispetto alla sinistra, a un problema che oramai da anni affligge non soltanto l’Italia, ma quasi tutta l'Europa, ossia la sempre maggiore insicurezza presente sul territorio. Da Roma a Milano, da Marsiglia a Parigi, il disagio causato da borseggiatori, baby gang, spacciatori e stupratori, rende i cittadini onesti esausti. Ed è innegabile che una buona percentuale di questi delinquenti siano migranti – soprattutto clandestini - o di origine straniera. L’estrema destra affronta la questione di petto, promettendo il pugno di ferro, ovvero più vigilanza da parte delle forze dell’ordine, rimpatri e pene più severe. La maggioranza dei discorsi fa leva sulla demagogia – l’immigrazione non si può fermare con un decreto, dal momento che va a braccetto con le guerre e la povertà, due realtà che devastano il continente africano, da dove arrivano la gran parte dei migranti -, ma la sinistra sembra nascondere la testa sotto la sabbia. E la destra spicca il volo. 

Lo vediamo nei talk show televisivi, dove quando viene presentato un fattaccio commesso da uno o più migranti, i personaggi notoriamente di sinistra accusano di razzismo o, peggio, cercano di ridimensionare il problema. Qualche anno fa, durante il tragico periodo degli attentati di matrice islamica in Europa, ci fu un acceso scontro verbale tra il giornalista Mario Giordano e il filosofo Massimo Cacciari, che fu un importante esponente del Partito Comunista Italiano – il video integrale si può trovare su YouTube -. La prima pagina del giornale per il quale Giordano scriveva, Libero, recava il seguente titolo: “Bastardi islamici”. Cacciari sostenne, a ragione, che parole del genere alimentavano l’odio verso l’Occidente da parte anche dei musulmani moderati, favorendo la strategia dello Stato Islamico, mentre Giordano accusava buona parte dei quotidiani italiani di aver omesso il fatto che gli attentati erano stati commessi da fedeli all’Islam. Cacciari poi, domandando all’interlocutore “Di quale Islam parli?”, si alzò infuriato e lasciò il collegamento in studio. 

L’esempio sopra riportato esemplifica bene le modalità con cui vengono affrontati i problemi che vedono protagonisti i migranti; l’estrema destra tende a metterli sotto i riflettori, la sinistra moderata invece li pone in secondo piano, quasi omettendoli. Se il titolo di Libero arrivava a fomentare il razzismo nei confronti dei musulmani, l’atteggiamento di Cacciari non sembrava mirare a non voler considerare il dato, basato su prove certe, che i terroristi fossero effettivamente musulmani? Eppure era essenziale dirlo affinché venisse affrontata la questione con i giusti mezzi, senza con ciò scadere nel razzismo. E’ possibile porre rimedio a un problema solo se ne siamo consapevoli.

L’integrazione è essenziale, e più saremo capaci di costruirla, più ne beneficeremo in futuro, ma che ci siano alcuni che non vogliono integrarsi è sotto gli occhi di tutti. I trapper stranieri di seconda generazione che quello che dicono nelle canzoni commettono nella realtà – ovvero reati di ogni tipo, infischiandosene della legge italiana – è inquietante. Non siamo davanti a un’opera di denuncia sociale, come avveniva in passato, ma a un’autobiografia del crimine che influenza i giovanissimi. L’Hip Hop, una brillante espressione artistica che può essere utilizzata per veicolare messaggi positivi, è ad oggi stata stravolta da questi personaggi che, oltre a non avere alcun tipo di talento artistico, vengono perfino difesi pubblicamente dai pilastri della scena Rap italiana, come è successo nei confronti di Baby Gang, il trapper ventiduenne più ascoltato in Italia, in carcere per aver commesso una rapina e una sparatoria nella movida milanese nell’estate del 2022. Ai rapper famosi che hanno fatto la storia del genere e che oggi vivono nel lusso forse importa poco di ciò che accade là fuori, ma alla gente comune sì. E’ giusto prendere le parti di criminali solo perché facenti parte dello stesso contesto lavorativo? Non c’è un po’ di ipocrisia in questo?

E’ possibile spiegare un maggior consenso dell’estrema destra tramite il fatto che gli araldi più conosciuti dal grande pubblico dei valori della sinistra – il multiculturalismo, l’integrazione e i diritti delle minoranze - sono oggi i rapper e gli influencer, che spesso quasi legittimano comportamenti scorretti e accusano la destra di razzismo e di intolleranza dai loro attici nelle zone ricche delle grandi città? Sono domande interessanti. Sembra quasi che la società si sia capovolta, con il proletariato che chiede maggiore sicurezza alla destra e personaggi diventati famosi grazie alla musica o al potere dei social network, di accettare la realtà così com’è e di smetterla di essere xenofobi davanti a situazioni in cui la xenofobia non è presente – nel 2021 Fedez accusò il duo comico Pio e Amedeo di razzismo, quando in realtà si trattava di satira -.

Per concludere, l’integrazione non deve mai cessare, neanche davanti alle difficoltà, ma non dobbiamo far finta che i problemi non ci siano. La sinistra, per vincere e governare bene, deve riportare, accanto al tema dell’integrazione, quello della sicurezza, avendo sempre bene in mente le situazioni alle quali i cittadini domandano rimedio. Il razzismo esiste, e va condannato, ma pensare che riportare un dato di fatto - ad esempio che i terroristi degli attentati avvenuti in Europa qualche anno a fossero tutti musulmani – sia un gesto di intolleranza verso una comunità religiosa, non è forse il tentativo di omettere una verità, comportamento che porta a fare arrabbiare la popolazione? E soprattutto, il consenso all’estrema destra non dovrebbe fungere da monito alla sinistra sull’alta probabilità di aver dimenticato parte di cittadini che chiedono a gran voce di essere rappresentati? Sono tutte domande lecite che ci auguriamo vengano poste nelle giuste sedi. 

Paolo Maurizio Insolia

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